Il LIBERTY a TRIESTE

17. Dudovich, Feste di Primavera 190014. Timmel, Salomé

Ovunque l’architettura policroma italiana ha la vittoria nella nuovissima Trieste. In suo nome si lotta contro i girasoli, i giaggioli, ed altre specie di lilacee del modern-style che adesca i giovani da oltre monte e lusinga nei padroni di casa il desiderio di sbalordire a buon mercato”(S. BENCO, Trieste, 1910).

La sentenza inappellabile di Silvio Benco, dal tono più politico – ideologico che artistico, non scoraggiò la schiera di giovani artisti che si andava ispirando allo stile nascente. In un’epoca di profonde trasformazioni economiche e sociali, la continuità storica tra i movimenti artistici portò a sincretismi locali originali e l’incremento demografico favorì un consistente sviluppo edilizio legato al ceto medio che, libero da vincoli con la tradizione eclettica, “trovò nello stile liberty l’unico codice decorativo adattabile ad una griglia compositiva di tradizione eclettica” (M. LORBER, Vienna e Trieste: la Wagnerschule alla periferia dell’impero, 1999). Innestata quindi sul precedente stile eclettico che caratterizzò pesantemente l’assetto architettonico della città, la parabola del Liberty triestino conobbe uno sviluppo decisamente singolare che, se da una parte portò al fiorire di personalità di spicco nel campo dell’architettura quali Fabiani, Fonda e Zaninovich, in campo pittorico e scultoreo recò casi sporadici e spesso isolati nella carriera degli artisti triestini.
I pittori locali, da sempre legati alla tradizione veneziana ma protesi verso le secessioni della scuola viennese e monacense, sorvolarono il Liberty spesso senza farlo proprio se si eccettuano i peculiari casi di Vito Timmel (interprete comunque di uno stile del tutto personale), Glauco Cambon, certi episodi di Argio Orell e Gino Parin, e anche la decorazione pittorica risentì di tale approccio superficiale, sì da lasciare pochi episodi significativi (tra questi i due pannelli con il Corteo delle offerenti di Giuseppe Barison e Napoleone Cozzi al Caffè San Marco, le Muse per il Teatro nel frenocomio triestino dello stesso Cozzi, il ciclo di Timmel per il Cinema Ideal ora al Museo Revoltella, le decorazioni floreali di gusto secessionista di Pietro Lucano per Palazzo Dettelbach oltre alla decorazione perduta del Caffè Firenze ancora di Napoleone Cozzi), senza dimenticare il fiorente mercato del manifesto d’autore ove Dudovich e Metlicovitz rivoluzionarono a fondo il campo della cartellonistica.

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Simile sorte toccò agli scultori, dove un diffuso simbolismo dal sapore lombardo (molti artisti locali infatti si formarono a Milano o ebbero per maestri scultori meneghini) mitigò il carattere specifico delle tendenze secessioniste. Ciò nonostante, soprattutto nel campo della statuaria funebre e nella decorazione di alcuni palazzi, vi furono episodi interessanti, come nel caso di Romeo Rathmann che si impegnò nell’abbellimento dei palazzi Viviani – Giberti, progettato dal noto architetto milanese Giuseppe Sommaruga, Polacco e Terni Smolars mediante sinuose cariatidi, in una diffusa ricerca di unitarietà delle arti che era uno dei motori del Liberty (val la pena di ricordare almeno la cappella dell’episcopio progettata da Ivan Vurnik con gli interventi pittorici e plastici di Helena Vurnik, elegante episodio locale di comunione d’intenti e ricchezza d’ornato), oppure nelle allegorie di Ladislav Šaloun per la sede della Zivnostenska Banka pro Cechy a Moravu ove spicca il forte contrasto tra il realismo delle due figure bronzee, rappresentazioni del Lavoro e dell’Industria, (realizzate attorno al 1913 ma posizionate solamente nel 1926) e il candido livore dell’ingresso.
Lo stesso scultore triestino Giovanni Mayer, oltre alla ricca produzione nel campo della statuaria cimiteriale con i monumenti per i sepolcri Paleologo nel cimitero greco ortodosso e numerosi altri lavori nel cimitero di Sant’Anna tra cui spicca la tomba per la famiglia Modugno, modellò le allegorie della Pittura e della Scultura per il portale di Casa Cuzzi – Leocovich – Fonda e le figure della Terra e del Pensiero attorno al lunettone del palazzo della RAS, così come Ambrogio Pirovano, maestro della pietra artificiale, si impegnò nella decorazione scultorea della ex Pescheria Centrale, nelle figure poste a coronamento dell’Hotel Savoia e nelle titaniche cariatidi per Palazzo Viviani – Giberti in Viale XX Settembre, affiancato in quest’ultima impresa dal triestino Romeo Rathmann, fresco protagonista della ricca decorazione di gusto storicista per Palazzo Artelli.

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