Il cimitero cattolico di Sant’Anna

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Il cimitero cattolico di Sant’Anna fu solennemente inaugurato il primo agosto 1825 da Monsignor Leonardis, Vescovo della Diocesi triestina. Infatti, in seguito al decreto emanato dall’imperatore Giuseppe II nel 1783, vennero rapidamente soppressi tutti i cimiteri medievali; unico superstite fu il cimitero di San Giusto, ma, ben presto, si rivelò indispensabile realizzare una nuova struttura, lontana dalle mura cittadine, secondo i nuovi dettami sanitari dell’editto di Saint-Cloud, e con una capacità ricettiva ben superiore ai camposanti che lo avevano preceduto. Nel 1819 quindi si individuò una zona adatta a tale scopo: l’area prescelta era situata nella piana di Valmaura e apparteneva alla famiglia patrizia dei Burlo che “vi teneva casa campestre e una cappella per uso domestico consacrata a Sant’Anna” (G. CESARI, Sant’Anna, camposanto monumentale, Trieste 1931, p.7). Il cimitero triestino fu costruito rapidamente, secondo le indicazioni fornite dal testo di Agapito (1823) in soli tre anni e “secondo il piano della Suprema Direzione delle fabbriche in Vienna in adempimento alla Sovrana Risoluzione del 1820”.

Il perimetro del territorio, di circa 19.500 Klafter quadrati (antica unità di misura tedesca che, come unità di superficie equivaleva a 3.507 metri quadrati), fu cinto di mura alte 6 metri e venne dotato di un ingresso in severo stile vitruviano decorato dall’uròboro (il serpente che si mangia la coda, simbolo dell’immortalità dell’anima) e da due fiaccole riverse intrecciate sormontate da nicchie contenenti due sarcofagi. Si eressero anche alcuni nicchioni dove sistemare i personaggi illustri, chiaro tentativo di riprodurre il famèdio di altri famosi camposanti, e, sul declivio dell’altipiano, un tempietto ottagonale circondato da cipressi e da lapidi dedicate a noti studiosi locali (qui è stato sepolto, per esempio, lo storico triestino Pietro Kandler).

Le autorità preposte ai lavori erano la Direzione delle Fabbriche e l’Eccelso Governo che scelsero il progetto dell’architetto Matteo Pertsch per la realizzazione dell’ingresso e il progetto di Ferrari per l’erezione della cappella. Del resto lo stesso Ferrari aveva già ventilato la costruzione del colonnato monumentale destinato ai personaggi illustri, tema che verrà però ripreso da Huyn solo nel 1826 (L. RESCINITI, Il cimitero cattolico di Sant’Anna, in “Neoclassico, catalogo della mostra, Trieste 1990, pp.471 – 474).

Ma appena settant’anni più tardi , nel 1895, la necropoli risultava insufficiente per soddisfare tutte le sepolture della città che stava vivendo un forte incremento demografico, e quindi la si raddoppiò, allungando il colonnato monumentale a Nord e aggiungendo una nuova cappella circondata da due ossari. Infine, nel 1932, il cimitero triestino sarà dotato del tanto agognato ingresso monumentale, che venne decorato da alcuni bassorilievi realizzati dai due giovani scultori locali più in voga in quegli anni: Franco Asco portò a compimento le figure di due angeli e della Vergine, mentre Marcello Mascherini realizzò due figure angeliche e una scena rappresentante la Resurrezione di Lazzaro.

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Seguendo l’antecedente più illustre, il cimitero parigino di Père Lachaise sorto nel 1804, anche il camposanto triestino si inserisce nel filone tematico ottocentesco del cimitero giardino: un luogo che doveva essere destinato al riposo ma anche al ricordo, dove interventi scultorei, elementi architettonici e ambiente naturale dovevano essere in perfetta armonia. Del resto la neonata classe borghese triestina, dallo spiccato carattere mercantile, aveva ben recepito l’importanza del sepolcro monumentale, che doveva perpetuare le gesta del caro estinto oltre al suo prestigio e, al contempo, alimentarne il ricordo: ecco quindi fiorire un copioso numero di sepolcri monumentali portati a compimento da scultori forestieri otto e novecenteschi prima di chiara ispirazione canoviana (Antonio e Francesco Bosa, Luigi Ferrari, Giovanni Duprè, Santo Varni e Leonardo Bistolfi), triestini poi (Francesco Pezzicar e Giovanni Depaul, cui seguirono Giovanni Mayer, Gianni Marin, Franco Asco, Marcello Mascherini, Ruggero Rovan, Romeo Rathmann e Tristano Alberti).

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